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      Bisogna ora sapere, che quel Capitano vecchio, era stato padrino dell'Adelasia. Sicchè dunque, a sentire tutte quelle cose, finì con riconoscerla; e rimase, quando s'accorse, che Germano era figliolo di Adelame e dell'Adelasia, e però nipote del Re. Entrò di mezzo anche lui e disse chi era. E tanto s'adoperò, che Adelame e l'Adelasia s'addomestichirono, e la paura gli cominciò a andar via d'addosso, e si lasciarono persuadere a tornare tutti alla città del Re. Quando ci furono arrivati, il Capitano fece entrare Adelame e l'Adelasia nel palazzo reale per una scala segreta e gli messe in una camera in disparte; e poi con Germano andò dal Re. Dice il Re: - «Ben tornati. Che gli avete scoperti i genitori di Germano? Non me gli avete menati, come vi ordinai?» - Dice Germano: - «Trovati i' gli ho. Ma che vôle, Maestà, son gente avvezza al bosco e mezzo salvatichi, non sono voluti venire con me.» - «Male, male! avete fatto dimolto male a non gli condurre con voi,» - disse il Re mezzo scorruccito. Dice il Capitano: - «Senta, Maestà, il vero è, che que' due sono venuti con noi. Ma io non glieli presento davvero, se prima non mi concede la grazia della vita a tre persone.» - Dice il Re: - «Oh! che domanda è questa?» - Dice il Capitano:-«A Lei non gli costa nulla questa grazia e me la pole fare.» - Dice il Re: - «Ebbene, in vista, che siete il più vecchio de' miei uffiziali, la grazia è concessa.» - «Scusi veh! Maestà,» - dice il Capitano: - «Ma Lei mi deve giurare sulla corona, che mi manterrà la parola ad ogni patto.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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