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      » - Al Re parve un po' ostica questa pretensione del Capitano; ma, per non contraddirlo, giurò come voleva lui. Allora il Capitano fece entrare Adelame e l'Adelasia, che si buttarono a' piedi del Re, chiedendo perdono. Quando il Re gli riconobbe, tutto incattivito, sclamò: - «Bricconi! ci siete capitati nelle mi' mani. Ora poi vo' fare le mi' vendette.» - E tira la spada dal fodero per ammazzare l'Adelasia per la prima. Germano, che vedde quel lavoro, non si ritenne; e anche lui cava la spada e l'appunta al petto del Re: - «Se Sua Maestà non si ferma, e vôle ammazzare la mamma, io invece ammazzerò Lei.» - In quel mentre il Capitano aveva preso il braccio del Re e gli dice: - «Sua Maestà
      si rammenti del giuramento. E poi ripensi, che questo è suo sangue; e che Germano è il suo unico nipote ed erede.» - Al Re a poco per volta gli passarono le furie; e sentito che Germano era figliolo legittimo di Adelame e dell'Adelasia, e quanti stenti e patimenti avevan sofferto tutti per tanti anni, finì con perdonarli e rimetterli nella su' grazia. Sicchè se ne stettero col Re; e, morto lui, Germano diventò padrone dello stato.
     
      E così termina la novella:
      Ditene, se vi pare, una più bella.
     
     
      NOTE
     
      [1] Narrata da Ferdinando Giovannini, sarto del Montale-Pistoiese, al cav. prof. Gherardo Nerucci.
     
      [2] «Discorrere, nel vernacolo, fare all'amore.» G. N.
     
      [3] «Far pippo, vale far la spia.» G. N.
     
      [4] I padri tiranni a questo modo e peggio, sono frequentissimi ne' racconti e popolari e letterarî e nella vita pur troppo.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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