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      Prende moglie Angiolino. E, arrivato la mattina ad alzarsi, la moglie si voleva alzare; ma lui gli disse: - E Cosa fai?» - E la Carolina soggiunse: - «Mi voglio levare, acciò che i tuoi fratelli non abbiano a gridare.» - «No, fintanto che non m'alzerò io, non ti devi movere di qui.» - E i fratelli stavano ad aspettare, che si levassero; ma l'aspettare fu assai, che in fino a ora di pranzo non apparirno in sala. Allora i suoi fratelli sdegnati, così dissero a sua madre: - «Per l'indietro era solo, e adesso sono due. Noi ci si vol partire[2].» - E così decisero di mandargli via. Angiolino e la Carolina presero la sua roba e s'incamminarono verso la città del Modanese, capitale del Regno. Ma in breve consumarono tutto il suo, e furno costretti a ritirarsi in un piccolo villaggio, presso un fiumicello, che di là passava. Un giorno, che non avendo[3] da mangiare, disse alla Carolina così Angiolino: - «La fame mi ha fatto passare anche il sonno. Ma ho pensato. Quaggiù, nel fiume, ci è dei pesci; voglio andare a pescare, per vedere, se posso fare fortuna.» - Ciò detto, prese la rete e si partì. Giunto nel fossicello, gettò la rete nel fondo di un recinto di acqua e la tirò su. - «Oh dio!» - esclamò: - «che pesce mai è questo?» - Tornasene subito a casa, dicendo: - «Guarda, Carolina, che pesce ho trovato.» - Risponde la Carolina tutta piena di gioia: - «Andiamolo a vendere; e allora potremo comprare del vivere per un pezzo, perchè è una meraviglia, che nessuno ne pole aver veduto un simile.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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