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      Allorchè la Liguria fu teatro degli avvenimenti che sto per raccontare era appena cominciata la primavera, e i Sabazi non avevano ancora disertato le caverne e le arme(1), situate presso il lido, nelle quali solevano passar l'inverno, per ridursi invece sulle montagne durante la stagione estiva. Quantunque la temperatura fosse mitigata, il suolo era ancora coperto del suo manto invernale, che rendeva malagevoli le cacce, dalle quali ritraevano gran parte del loro sostentamento, cui provvedeva nel rimanente la pastorizia.
     
     
      La caccia.
     
      Da qualche tempo gli armenti, quantunque custoditi da pastori ben armati e da buon numero di cani, erano decimati durante la notte, da misteriosi predoni. Le orme, le tracce sanguinose, i bioccoli di lana scoperti sulla neve rivelarono ben presto come gli autori del furto fossero orsi, che si nascondevano, durante il giorno, in una tetra spelonca situata nella parte superiore della forra in cui corre il rivo denominato attualmente a Sciümea.
      I componenti delle famiglie che avevano sofferto il danno, tanto per preservarsi da ulteriori perdite quanto per trarre vendetta delle belve, divisarono di dar loro la caccia. Ad attuare il proposito furono prescelti tre cacciatori animosi ed esperti; cioè un omaccione lungo ed allampanato, delle fattezze scimmiesche, chiamato Garbuta e due fratelli, i quali per la tinta bruna della loro carnagione e i lunghi capelli nerissimi, solevano designarsi col nome di Corvi. Portavano una tunica di pelle assai succinta, stretta alla vita da una cintura, ed erano armati di lancia ed accetta.


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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna
1920 pagine 69

   





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