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      Col cuore in tumulto, paventando ad ogni piè sospinto di esser ghermita dall'esoso nemico, che pretendeva esserle consorte, riuscì a far perdere le sue tracce nel folto della selva. La corsa pazza della misera si era protratta per lungo tempo, quando si avvide che, pervenuta omai alla radura, e stremata di forze, avrebbe dovuto, seguendo la medesima direzione, procedere allo scoperto con grave pericolo di cadere fra le mani del Garbuta. Pensò allora come sarebbe stato prudente nascondersi fino a che non fosse calato il sole; perciò, penetrata di proposito deliberato ove era più fitto il groviglio dei cespugli spinosi, al limitare del bosco, si rimpiattò in guisa da sfidare ogni più sagace ricerca, ed aspettò immobile il tramonto. A notte fatta uscì cautamente dal nascondiglio e ripigliò la sua fuga, inerpicandosi sopra un'alta montagna che le si parava d'innanzi, senza curare gli ostacoli opposti dalle asperità del terreno e dall'oscurità. Aveva così raggiunto una ericaia, sparsa di massi muscosi, quando vide nelle tenebre agitarsi due punti luminosi poi quattro, poi molti: non vagolavano al pari delle lucciole, non spiccavano immobili dal terriccio come i bruchi splendenti, che convitano a nozze silenziose i congeneri alati dell'altro sesso. Pur troppo, non poteva dubitarne, quei focherelli erano occhi fosforescenti, di fiere che la guatavano, e si avvicinavano fiutando la preda e facendo stormire le foglie.
      Che fare? Come difendersi da un branco di lupi famelici? Col cuore stretto dal terrore, provò a cacciarli con alte grida, ma certo non era questo il mezzo più efficace per trattenere le belve delle quali udiva omai vicino il soffio rantoloso; e poi la voce avrebbe forse attirato il Garbuta.


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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna
1920 pagine 69

   





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