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      D'ordinario uno di loro rispondeva in falsetto, imitando la voce femminile, a coloro che avevano iniziato il canto. Raramente si raccoglievano in altro crocchio, non lontano, parecchie fanciulle ed esprimevano in coro, con voce acuta ed alta, appena modulata, lo stato d'animo di chi agogna ad un bene remoto.
      Al concerto maschile partecipava qualche volta un suonatore di certi pifferi primitivi, l'uso dei quali si è perpetuato nelle scigue grossolanamente fabbricate dai pastori colla corteccia di un arbusto montano.
     
     
      L'alpeggio.
     
      Non è a credere che le tribù dimorassero perennemente nelle caverne: ogni anno, al principio della stagione estiva, la maggior parte della comunità, che comprendeva gli uomini e le donne più vigorosi, si allontanava dal consueto domicilio, conducendo seco gli armenti, e si adunava in alcune stazioni alpestri ben note, ove, oltre al benefizio di una temperatura più fresca, trovava grassi pascoli per il proprio bestiame. Raggiunta l'altura prescelta, che era prossima in ogni caso a qualche limpida sorgente, edificavano in breve un villaggio di capanne, sostenute da rami d'albero, conteste di fascine o virgulti e coperte di pelli e di paglia. Il più delle volte queste capanne erano di forma cilindrica, con una apertura, che adempiva all'ufficio di porta e di finestra. Nel centro era collocato il focolare; il fumo si sprigionava dalla porta e dalle commessure del tetto, abitualmente foggiato a cono. Gli armenti erano confinati in appositi recinti a breve distanza dalle abitazioni, e alla loro vigilanza immediata erano adibiti cani ben addestrati, poco diversi da quelli dei nostri pastori alpini.


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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna
1920 pagine 69