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      Nelle spelonche rimanevano i vecchi e gli infermi, ed era loro affidata la custodia della povera suppellettile, che gli altri componenti della tribł non traevano seco. D'altronde, l'esodo non durava pił di due o tre mesi e non si verificava per tutte le stazioni sotterranee e nemmeno ogni anno. S'intende di leggeri come contingenze straordinarie, ad esempio guerre o contagi, dovessero esercitare grande influenza sulle abitudini della tribł, e in ispecie sui suoi trasferimenti.
      Sarebbe difficile immaginare creature pił misere e squallide di quelle che rimanevano nel domicilio comune, dopo la partenza per l'alpeggio dei componenti pił giovani e vigorosi della tribł: erano vecchi sdentati, alcuni propriamente decrepiti, rugosi e scarni, quasi tutti deformati nelle mani e nei piedi da malattie articolari contratte nell'ambiente umido delle grotte. Coperti di brandelli di pelle, soffrivano per il freddo invernale, appena mitigato dalle fiammate e dalle braci dei focolari. Inetti alla caccia, si cibavano di latticini ricavati da poche capre e, se questi mancavano, facevano uso di ghiande dolci d'orzo ed eventualmente di ghiri, di scoiattoli e perfino di pipistrelli e di serpenti.
      Chi sa se le tradizioni medioevali relative ai gnomi e alle streghe, che si ricoveravano nel cavo delle rupi, non fossero derivate da una oscura memoria di quella povera gente?
     
     
      L'invasione.
     
      Si svolgeva quietamente, alla fine di un autunno precoce, la vita della tribł, nella Pollera e nelle sue adiacenze, quando nel tempo stesso, poco lunge, si produceva un avvenimento assai grave per la sorte del paese.


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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna
1920 pagine 69

   





Pollera