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      Essi parevano stanchi e portavano traccie evidenti dell'aspra lotta sostenuta la vigilia. Appena varcata la soglia, uno di loro, che sembrava godere di maggiore autorità, si fece a narrare, con voce concitata, agli abitanti della grotta venuti ad incontrarlo, l'assalto impetuoso e la pronta ritorsione; si indugiò a descrivere le armi formidabili e il modo insolito di combattere del nemico, avvertendo come indubbiamente altri armati, ben più numerosi, avrebbero seguito le traccie dei primi.
      Intanto un nuovo manipolo di guerrieri era sopravvenuto e, fra questi, quattro trasportavano il corpo esangue del Garbuta, adagiato sopra una barella contesta di rami d'albero.
     
     
      I funebri del guerriero.
     
      Echeggiarono allora accenti d'ira e, per parte delle donne, pianti e gemiti.
      Una di queste, la vecchia Maia, inadre dell'estinto, si abbandonò alla disperazione, sparse di cenere le proprie chiome disciolte, e singhiozzò prostrata dinanzi al morto. "Nessuno ella diceva, era più gagliardo, più agile alla corsa, più valoroso di lui, e pure mi fu tolto!"
      Gli uomini che avevano partecipato al corteo scavarono in mezzo alla grotta una piccola fossa e vi adagiarono la salma rannicchiata, accanto alla quale, secondo la tradizione avita, posero le armi e i trofei più cari al defunto. "Copriamo il guerriero, esclamarono, colla pelle dell'orso trafitto di sua mano, armiamolo dell'ascia tanto temuta dal nemico e del giavellotto che egli scagliava con sicurezza, e mai non fallì il bersaglio, sia profusa sul suo volto la tinta vivace di cui soleva ornarsi, acciocchè apparisca smagliante di rosso nel regno degli spiriti.


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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna
1920 pagine 69

   





Garbuta Maia