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      Non sarebbe stato preferibile, nell'interesse della tribù, cedere alla forza preponderante dei Romani, come già fecero in altri tempi i Genuati e gl'Intemelii? A che giova resistere ad oltranza? L'eccidio dei nostri non servirà che ad appagare lo stolto orgoglio del capo". Ma il Cornei, il quale, frattanto, si era avvicinato all'oratore, lo apostrofò con violenza, accusandolo di codardia. "Tu, esclamò, che sei più lento della testuggine se muovi all'attacco e metti l'ali ai piedi quando fuggi, tu sei incapace di apprezzare i sensi generosi del Nibbio; l'animo tuo non sa distinguere la libertà dalla soggezione e non ascolta che i vili suggerimenti del ventre!"
      I giudici del campo danno il segno convenuto ai due avversari perchè sia iniziato il combattimento, percuotono cioè tre volte coll'elsa della spada uno scudo di bronzo. Al terzo tocco il gigante comincia a vibrare formidabili fendenti sull'esile Ligure; ma questi si schermisce con mirabile agilità, balzando ora da un lato, ora dall'altro. La sua ascia di pietra non rimane inoperosa e cade più volte con alto frastuono sullo scudo di Urus, il quale tuttavolta rimane incolume.
      Ad un certo punto, un piccolo cane da pastore, insinuatosi fra gli spettatori, si avvicina ai combattenti e si avventa sull'ausiliare, abbaiando furiosamente e addentandogli un polpaccio. Cessò un istante la lotta, e l'imprudente quadrupede, colpito da un'asta romana pagò colla vita il fio della sua audacia. Il campione dei Romani ripiglia tosto a roteare la spada con rinnovato furore, e questa volta riesce a ferire l'avversario, trafiggendogli il braccio sinistro, mal difeso dalla pelle d'agnello che apparisce rossa di sangue.


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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna
1920 pagine 69

   





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