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      Egli non si sottrasse, e ben presto si trovò al cospetto del vincitore. Questi l'accolse con piglio soldatesco ed amichevole ad un tempo, e gli disse: "Avrei potuto condannarti a morte, oppure cingerti di ceppi; era in mia facoltà inviarti a Roma perché ivi la tua presenza facesse fede della mia vittoria. Ma apprezzo altamente il tuo valore e sdegno di umiliare in te il nemico vinto; agogno piuttosto di farmene un amico, ciò nell'interesse di Roma e della Liguria. Mi lusingo di indurti ad ammirare non solo la potenza, ma anche la generosità della mia Nazione, dalla quale, se voi Sabazi cesserete di osteggiarci, potrete aspettare benefizi e favori nell'ordine materiale e nel morale. Dicano i Genuati, i Dertonini, gli Intemelii quanto ottennero da noi pur senza sacrificio delle loro franchigie".
      Ben conosco la potenza dei Romani e so come sieno maestri nell'arte di vincere e di soggiogare gli altri popoli, replicò il Ligure; accetto, soggiunse, il dono della vita, quantunque abbia ormai scarso valore per me, l'accetto a patto però che non sia subordinata ad alcuna soggezione, e non mi sfugge il significato delle tue lusinghe. Il mio contegno sarà quello che i voti della mia tribù e i vostri atti mi suggeriranno. Mi chiamano il Nibbio, e tu forse non ignori che questo indomito rapace, il quale suol librarsi fra le più alte nubi, se vien preso dal cacciatore e tarpato delle penne maestre, pur essendo provvisto di copioso cibo, tosto intristisce e muore. Io non mi sento da meno di quel pennuto, e non saprei vivere privo di libertà, di quella libertà di cui ho goduto da chè i miei occhi si sono aperti alla luce


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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna
1920 pagine 69

   





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