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      «Beata solitudo, sola beatitudo» cantava un trovatore di Dio; e Tommaso da Kempis ammonisce nel suo libro di eterna consolazione: «La cella abitata di continuo diventa dolce, malamente guardata genera fastidio» per significare che la solitudine non può essere feconda di bene se non quando è amorosamente ricercata nella persuasione di ritrarre da essa vantaggi morali e luce spirituale.
      Lo spirito del Signore - dicono i Vangeli -- sospinse Gesù nel deserto e ve lo tenne quaranta giorni e quaranta notti in meditazione e in preghiera.
      Il Redentore voleva apparecchiarsi alla missione gloriosa che trascendeva ogni limite della natura umana dove stava imprigionata la sua anima divina. E per provare tutte le umane miserie, tutti gli umani pesi e dolori, lasciò che anche la tentazione venisse a Lui. E lo permise pure per dimostrare agli uomini quanta forza contro il Male può opporre un'anima dominatrice sulla materia e rimasta a lungo con l'infinito, con Dio.
      Il racconto delle tentazioni di Gesù è fatto dagli Evangeli con infinita freschezza, direi quasi con ingenuità: eppure, per chi bene osservi, l'essenza delle passioni che più travagliano l'umanità apparisce nelle diverse visioni suggestive: «Avendo digiunato quaranta giorni e quaranta notti, Gesù ebbe fame. E il tentatore gli disse:
      « - Se tu sei figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane....
      «Ma Egli, rispondendo, disse:
      «Non di solo pane vive l'uomo ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio
      Non il soddisfacimento dei sensi - insegna Gesù - è necessario, ma quello dell'anima.


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Pagine mistiche
di Jolanda
Editore Cappelli
1919 pagine 168

   





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