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      VII.
      Dedizione.
     
      Nel suo rapido passaggio sulla terra, Gesù, il celeste risvegliatore delle coscienze e delle anime, diede agli uomini l'esempio della più profonda, più sincera umiltà, e questo esempio aveva tanto più risalto ed era tanto più notato in un paese e in un tempo in cui il fasto, l'appariscenza, l'ostentazione della potenza, della grandezza e della dottrina parevano qualità inseparabili dal dominio materiale o intellettuale. Se Gesù avesse voluto secondare lo spirito dei tempi in cui visse, usando mezzi esteriori di facile conquista, e si fosse circondato di lusso, d'agi, di parassiti, di cortigiani e di guerrieri, avrebbe trovato meno opposizioni, meno incredulità, meno nemici sul suo cammino. Ma il suo regno - com'Egli disse - non era di questo mondo: il suo regno glorioso e luminoso era tutto spirituale, e i più invidiabili tesori della terra gli sembravano vanità al confronto del suo ideale divino. Venuto fra gli uomini non per gareggiare in potenza e in fama coi grandi del suo tempo, ma per restituire all'anima la dignità perduta, per renderla cosciente della sua superiorità, della sua missione, del suo altissimo fine, Gesù mai volle secondare le debolezze delle passioni, mai accordare importanza e privilegio alle cose caduche, alle cose mortali. E passò nella sua bianca tunica, simbolo di purezza, povero fra i poveri, benedicendo, consolando, perdonando. Passò illibato e incorrotto nella sua anima ardente aperta a tutto l'amore, passò nelle volontarie rinunzie, nell'abnegazione, nell'austerità, poco e semplicemente parlando, molto operando, facendo di sè vivo esempio alle sue dottrine ed olocausto al suo ideale fulgido, immenso, come l'universo.


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Pagine mistiche
di Jolanda
Editore Cappelli
1919 pagine 168

   





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