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      Esso è come una molla segreta al cui scatto lo spirito s'accende di luce divina e molte volte imperitura.
      Alcuni magni ingegni non avevano la fede e occorse quello scatto perchè avvivasse la loro anima come un risveglio. Chateaubriand scriveva: «J' ai pleuré, j' ai cru». Ho pianto, ho creduto. Altri che sperperavano deplorevolmente le loro migliori energie seguendo i più bassi istinti della loro natura, ebbero bisogno di quella scossa per accorgersi dell'errore e mutar vita. Così il dolore della morte della madre fece di Agostino da un dissoluto un santo. Altri ancora che sentivano fervere in sè come in un chiuso carcere muto le scintille infeconde della creazione intellettuale, rassegnati ormai ad una triste impotenza, alla percossa dolorosa della sventura, videro quelle scintille divampare in un grande incendio che fu liberazione, che fece d'un dolore mortale opera d'arte immortale. Il giovine Dante vede il mondo oscurarsi per la dipartita della sua donna, ma oltre il sogno, oltre il mondo, oltre la vita, gli tremola la visione sovrumana che coronerà entrambi, uniti per sempre nell'ideale, d'un lauro secolare. Alcuni nella prospera fortuna erano pigri, sonnolenti, unicamente solleciti del proprio bene, e nell'avversità si trasformarono come da bruco in farfalla. Rude scuola è quella del dolore; eppure vediamo tutti coloro che vi furono educati dai primi anni, crescere ritemprati, adorni di maschie e severe virtù; averne affinato il sentimento, acuito l'intelletto, mostrarsi pronti, efficaci di ogni contingenza difficile, apparire di gran lunga superiori ai loro simili, essere di profondo e sicuro conforto ai loro cari.


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Pagine mistiche
di Jolanda
Editore Cappelli
1919 pagine 168

   





Agostino Dante