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      Gesù c'insegnò come si deve pregare quando lo spirito è angosciato sino alla morte, quando la nostra natura tenta sottrarsi e ribellarsi all'impero del dolore. Nell'orto degli ulivi tutto il peso della sua missione d'espiazione grava su di lui: «Padre - egli prega - fa che si allontani da me questo calice amaro, ma se Tu non vuoi, sia fatta la Tua, non la mia volontà».
      La parola dell'obbedienza assoluta che Gesù, insegnò agli uomini nella più sublime preghiera, la parola più difficile a proferirsi dal labbro umano, Egli c'insegnò come e quando si dica, e la nostra fede di cristiani ci obbliga a ripeterla dopo di lui: «Sia fatta, o Signore, la Tua, non la mia volontà». Ecco il grado più alto a cui la fede e la preghiera trasportano l'anima, ecco l'olocausto più prezioso.
      Ed è in questo atto d'annientamento assoluto che l'anima acquista pupille più veggenti, capaci di vedere e comprendere oltre la vita. Ed è in questo abbandono incondizionato della creatura al suo Creatore che l'anima rigermoglia di nuove forze vittoriose.
      Scenda il pianto e purifichi e ci faccia ancora più degni. E come gli angeli a guardia del sacro monte cancellavano dalla fronte dimessa del Poeta, mano mano ch'egli saliva, i segni della colpa, così l'Angelo del Dolore cancelli, ad ogni nuova prova, dalla nostra fronte umiliata, con le sue ali invisibili, le traccie d'una impurità, d'una debolezza, d'un errore, proclamando beati quelli che piangono...
      «Quì lugent affermando esser beati.
      Dante Purg. XIX.
      XVII.
      Preghiera.


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Pagine mistiche
di Jolanda
Editore Cappelli
1919 pagine 168

   





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