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      Ma, oltre ai casi del genere di quelli citati da lui (nei quali si potrebbe dire, che se non riusciamo a determinare quale sia la migliore applicazione del criterio, sappiamo però quale sia il criterio da usare), vi sono sfere intere di azioni, per le quali la coscienza non saprebbe suggerirci una scelta sicura, e per le quali non ci dice, come per altre, "non è giusto" o "è giusto". Difenderò io il divorzio o lo combatterò? Approverò o non approverò l'allargamento del suffragio politico? Sarò conservatore o liberale, monarchico o repubblicano, individualista o socialista, liberista o protezionista? In quali circostanze ed entro quali limiti seguirò l'uno o l'altro indirizzo? Non serve rispondere che ciascuno deve operare in queste materie secondo la propria coscienza. Si tratta di sapere come una coscienza onesta deve operare perché alla bontà delle intenzioni (che è presupposta) corrisponda la bontà degli effetti. E abbandonando questo giudizio alla coscienza individuale si riconosce, o che possono coesistere criteri morali diversi, o che lo stesso criterio morale può legittimare ugualmente modi di operare opposti, o finalmente che quelle parti della condotta escono dal campo della morale.
      Ma se possono legittimamente coesistere per certe parti della condotta criteri morali opposti, quale sarà il criterio superiore che serve a decidere fra questi criteri contrastanti? o altrimenti, perché non si ammette che possano del pari legittimamente coesistere criteri contrastanti anche per le altre parti della condotta?


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La dottrina delle due etiche di H. Spencer e la morale come scienza
di Erminio Juvalta
pagine 87