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      In questo caso non è escluso che l'effetto in questione possa aver valore di fine, anzi è incluso che l'abbia; perché la "necessità" dell'effetto è subordinata appunto al valore che gli si riconosca di fine, e al dispiegarsi, nell'azione corrispondente, della volontà di raggiungerlo.
      Che questa interpretazione sia compatibile coi principi dell'evoluzionismo spenceriano è questione che, come si vedrà, rimane estranea all'intento di questo studio, e che i piú risolvono negativamente (cfr., tra gli altri, L. ZUCCANTE: La dottrina della coscienza morale nello Spencer, Cap., XXXI, p. 194; e G. VIDARI: Rosmini e Spencer, p. 209 e segg.. Di queste, come di tutte le obbiezioni mosse all'Etica dello Spencer, a cominciare dal Guyau e dal Sidgwick fino ai critici più recenti, tratta con grande larghezza e ricchezza di notizie il Dr. G. SALVADORI nell'opera L'Etica evoluzionista che è una apologia entusiastica di tutto il sistema spenceriano).
      Colgo questa occasione per dichiarare che ho dovuto astenermi da ogni richiamo sia delle obbiezioni e discussioni di questi, come di altri critici valorosi (tra i quali sia ricordato a titolo d'onore il compianto Icilio Vanni), sia delle varie opinioni che si connettono colle questioni generali toccate, per due ragioni: in primo luogo perché il punto di vista del quale è qui considerata la dottrina delle due Etiche è diverso, e diversa la via seguita; in secondo luogo perché se avessi voluto per ogni questione toccata discutere le diverse opinioni avrei dovuto fare a commento di un breve scritto, tutta o poco meno la storia della morale.


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La dottrina delle due etiche di H. Spencer e la morale come scienza
di Erminio Juvalta
pagine 87

   





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