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      Ma commette una grossolana fallacia elenchi, quando pretende di confutare o condannare quella costruzione etico-giuridica in nome della realtà o della storia. Perché la realtà e la storia daranno la stregua della attuabilità dei rapporti prospettati nella costruzione ideale, ma non del valore di questi rapporti.
     
     
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      Cosí il razionalismo assume erroneamente come dati razionali dei postulati di valore e si illude di poter imporre in nome della ragione dei principi che non valgono se non supponendo accettati quei postulati che li giustificano: e lo storicismo si illude di togliere ogni valore alle costruzioni fondate su quei postulati dimostrando che la realtà storica è diversa da quelle costruzioni. Come se il riconoscere che gli uomini non hanno nelle condizioni di fatto eguali diritti, o che la società non è fondata sul contratto, o che non v'è diritto naturale, ma vi sono soltanto diritti positivi, equivalga a dimostrare: che non sia bene l'eguaglianza dei diritti; e che non possa essere apprezzata e apprezzabile una società ordinata in modo tale da poter pensare che non sarebbe diversa se fosse costituita per contratto volontario di tutti i cittadini; o non possa essere piú desiderabile che abbia sanzione di diritto e valga come tale un ordine di rapporti conforme a certi criteri piuttosto che a certi altri.
      A risolvere queste questioni, il sapere storico non è competente. D'altra parte lo storico non potrebbe risolverle senza cessare di essere storico e diventare «moralista» o «ideologo», «reazionario» o «rivoluzionario», «conservatore» o «riformatore».


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I limiti del razionalismo etico
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 59