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      Qui è ancora, per Kant, la Ragione che riconosce la legittimità della postulazione metafisica; ma la riconosce in quanto accetta come incontestabile la certezza morale; la quale è certezza di valori, non evidenza razionale.
     
     
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      Cosí adunque anche la tesi della trascendenza della legge morale implica accanto alla esigenza razionale un oggetto della Volontà, un ordine di valori, un dato valutativo irreducibile alla pura razionalità e che trae la sua validità d'altronde. Quale ne sia la sorgente, non si può cercare utilmente in breve, e non è facile; forse la sua origine è in quella stessa attività volontaria nella quale bisogna cercare la fonte della credenza in una esistenza obbiettiva del mondo.
      La volontà è direzione ed è forza.
      In quanto è forza, e si esercita come forza e si rivela come sforzo (il quale richiede e suppone una resistenza) è il dato irreducibile della credenza in una realtà obbiettiva distinta dal soggetto.
      In quanto è direzione, cioè scelta, cioè azione in vista di un risultato, è il fondamento irreducibile dei giudizi primari di valore, i quali esprimono le direzioni originarie della volontà, delle quali acquistiamo consapevolezza attraverso le forme fondamentali del sentimento.
      L'intento di Kant di liberare la legge morale da ogni mescolanza e contaminazione «patologica» di sentimenti, di inclinazioni, di tendenze - che si traduce in isforzi laboriosi ed ingegnosissimi ma vani - forse non sarebbe stato proseguito con cosí risoluta tenacia se il Kant, meno preoccupato dal preconcetto (alimentato dalle dottrine eudemonistiche del tempo) che ogni forma di sentimento e qualsiasi genere di fini, sia inevitabilmente soggettivo, relativo, interessato, fosse stato disposto a riconoscere che vi possono essere forme universali di valutazione intrinseca, cosí come vi sono forme disinteressate e universali di sentimento.


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I limiti del razionalismo etico
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 59

   





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