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      Per condotta o azione della società io non intendo qui quella soltanto, che è la parte piú superficiale e appariscente, e in cui si fa consistere comunemente l'opera dello stato quando si disputa intorno al suo ufficio negativo o positivo. Ma intendo anche e soprattutto le condizioni reali della società, il complesso delle influenze che essa esercita in quanto ha una determinata struttura e determinati ordinamenti economici, familiari, politici, religiosi, pedagogici; in quanto questa costituzione organica esercita, per il fatto stesso della sua esistenza, sull'individuo, fin dalla nascita, anzi fin sulla nascita, una azione negativa e positiva continua, e pone le condizioni nelle quali la sua personalità si deve sviluppare. Perciò assumendo come postulato ideale che la massima debba valere anche per la condotta della società, non si può e non si deve intendere che a questo postulato si soddisfaccia ammettendo che essa debba regolare l'azione della società, data una certa struttura; ma che essa deve valere radicitus, per determinare quali siano le condizioni preliminari alle quali deve soddisfare la struttura stessa della società, perché la totalità dell'azione che essa esercita, cioè la sua condotta, possa essere conforme alla massima5. Nel non aver visto la necessità di questa esigenza e nel non averne tenuto conto nelle sue deduzioni, sta, a mio giudizio, la ragione dello scarso frutto che lo Spencer ha ricavato dalla sua distinzione, che io ritengo, in tesi generale, legittima e feconda, fra Etica assoluta ed Etica relativa; e sta forse anche la ragione per cui di tale distinzione non fu generalmente apprezzato il valore.


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Prolegomeni a una morale distinta dalla metafisica
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 61

   





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