Pagina (44/61)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Egli vide chiaramente la necessità di considerare come tipo non l'uomo ideale di una società qualsiasi, bensí l'uomo ideale in una società ideale; ma, come fu notato, assunse poi in sostanza (tanta è la suggestione della realtà e delle tendenze) nella sua società ideale la struttura economica e politica della società industriale del suo tempo. E il tipo formulato non poteva essere il tipo cercato. Per questo rispetto è vizio della sua Etica, non un eccesso, come giudica il Vanni, ma piuttosto un difetto di astrazione.
      Bisogna dunque idealmente far astrazione anche da ogni forma reale - già data - di struttura, e costruire secondo le esigenze ideali la norma, non dell'uomo giusto, ma della società umana giusta.
      Insomma: il concetto, che io difendo, nella sua forma estrema si può formulare cosí: o bisogna rinunciare al valore universale della massima come carattere della giustizia, o bisogna riconoscere la necessità che questa esigenza penetri dappertutto; domini e ispiri tutti i rapporti dai piú superficiali ai piú profondi e fondamentali; agli ipogei, direbbe il Loria, della costituzione sociale.
     
     
     * * *

     
      Bisogna dunque che la medesima norma governi in tutte le sue esplicazioni tutta l'azione della società come tutta l'azione dei singoli; e che questa norma sia ordinata a un fine che ciascuno riconosca desiderabile per tutti prima e sopra ogni altro fine. Ma perché un fine sia tale, occorre che in esso consista o la felicità di tutti, o la condizione necessaria e indispensabile della felicità di tutti.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Prolegomeni a una morale distinta dalla metafisica
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 61

   





Etica Vanni Loria