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      In questa disposizione per la quale l'obbligo e la sanzione sono interiormente approvati e voluti come garanzia di moralità, e il Potere obbligante è invocato e idealmente posto in nome della esigenza morale, sta la caratteristica differenza che dà all'obbligo valore morale, e lo distingue dall'obbligo sentito come pura costrizione esterna; che distingue il potere che merita rispetto dalla forza che si deve subire; l'autorità dall'arbitrio; sia che il comando di questa autorità si consideri limitato a una certa sfera di valori morali, sia che si faccia coincidere collo stesso valore morale e si identifichi con esso.
      Ma cosí nell'uno come nell'altro caso resta la medesima, di fronte all'obbligo e al Potere obbligante, la differenza di atteggiamento tra la coscienza che valuta moralmente e la coscienza che sia chiusa, per ipotesi, alla valutazione morale.
      Per la prima è la valutazione morale che fa riconoscere e rispettare l'obbligo. Per la seconda è l'obbligo che fa riconoscere i valori morali; i quali valgono non perché sono morali, ma perché sono riconosciuti, in forza dell'obbligo e della sanzione, come valori strumentali di altri valori, come condizione imposta e inevitabile di quei beni che soli la coscienza amorale desidera e apprezza. L'osservanza dell'obbligo non è interiore moralità, ma è conformità esteriore a certi comandi che valgono quel che vale la sanzione che li accompagna. La valutazione propriamente e specificamente morale manca, ed è surrogata da una valutazione del tutto diversa.


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Il vecchio e il nuovo problema della morale
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
1945 pagine 103

   





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