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      Resta da esaminare la forma che il criterio di valutazione assume nella 2a delle note formule; quella in cui si assegna alla legge un contenuto cioè un fine; e il rispetto della legge perché legge, diventa rispetto dell'umanità o della persona umana come fine in sé.
      Ma è facile vedere come questa pretesa derivazione dalla prima formula, o è veramente chiusa nei limiti di una derivazione e non dice nulla di piú di quella onde è dedotta; o assume davvero un contenuto, e questo costituisce per sé un criterio di valutazione distinto e diverso da quello da cui si pretende dedurlo.
      Il quale non si esaurisce piú nell'universalità della valutazione morale ma richiede un riferimento agli oggetti della valutazione; ed è un criterio non piú formale soltanto, ma anche materiale. Se, anche inteso cosí, sia adeguato al bisogno resterà da vedere piú innanzi.
      Il termine che media il passaggio kantiano dalla legge come forma all'umanità come fine è il rispetto della natura ragionevole.
      — Poiché la legge è la ragione, il rispetto della legge, cioè della ragione, importa il rispetto dell'essere ragionevole, come tale; della natura di essere ragionevole e della persona umana nella quale si manifesta a noi questa natura.
     
      Si potrebbe già discutere, a rigore, sulla legittimità di passare dal rispetto della ragione al rispetto di una natura ragionevole, perché ciò che impone rispetto nella ragione è secondo il Kant la sua forma legislatrice e non il soggetto, qualunque sia, che la porta, e in cui si realizza questa forma.


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Il vecchio e il nuovo problema della morale
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
1945 pagine 103

   





Kant