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      Per la medesima ragione si troverà (la deduzione è troppo ovvia perché occorra piú che l'accenno) che debbono essere riconosciuti come valori il rispetto della integrità e della libertà personale, l'osservanza dei patti, lo scambio dei servizi e via dicendo, e con essi i costumi, le istituzioni, le leggi che assicurano la conservazione e l'incremento di queste condizioni sociali; e le disposizioni di spirito (lealtà, imparzialità, simpatia) che ne avvalorano il rispetto nella coscienza personale.
      Adunque tutti i tipi suddetti, e gli altri che si potrebbero analogamente supporre, saranno portati a riconoscere e ad apprezzare in sé e negli altri — astrazion fatta da ogni valutazione morale — dei valori, sia propriamente personali (doti della persona che possono sussistere nel soggetto indipendentemente dal suo atteggiarsi rispetto ad altre persone); sia sociali (doti che riguardano questi atteggiamenti); valori che nascono dal rapporto di condizionalità costante che li stringe a ciascuno degli ordini supposti.
      Di piú: il rapporto di condizionalità dal quale viene ai valori citati in esempio il carattere di strumentalità, è diverso, come è facile vedere, da quella strumentalità esterna accidentale e variabile che lega il blocco di marmo all'opera dello scultore, o la conferenza di propaganda al disegno dell'altruista, o un libro agiografico all'interesse del mistico, o la scala dell'Osservatorio agli studi dell'astronomo: appunto perché là si tratta di condizioni preliminari indispensabili e permanenti, il cui valore non solo non si esaurisce nell'atto singolo che ne dipende, ma non è sostituibile da alcun altro strumento o condizione.


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Il vecchio e il nuovo problema della morale
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
1945 pagine 103

   





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