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      Ed è poi, questa distinzione e indipendenza del Potere politico e della legislazione esterna da ogni particolare fede religiosa, da un punto di vista obbiettivo, inevitabile non meno che la indipendenza già notata da ogni particolare idealità morale.
      Perché ciò che fa la certezza e la inconfutabilità della convinzione religiosa è insieme ciò che ne fa la incomunicabilità e la indimostrabilità.
      È certo che la «esperienza religiosa» del mistico non può essere negata da altri. Le intuizioni alle quali essa si riconduce sono, per la coscienza che le prova, certe di una certezza diretta, cioè anteriore a ogni prova, non meno delle «sensazioni». Ma al pari di queste non sono comunicabili ad una coscienza che non le prova e non le vive.
      Potrebbe parere materia di discussione l'interpretazione che il mistico fa di questi dati, il momento (che l'analisi obbiettiva può distinguere dal momento dell'intuizione) per il quale la coscienza trapassa dalla intuizione sua, dall'esperienza propria diretta, all'affermazione del divino in sé, come oggetto dell'intuizione.
      Ma anche questo processo sfugge alla discussione perché non è logico ma psicologico: anzi non è per la coscienza del mistico un passaggio, una argomentazione, ma una integrazione che si pone coll'atto stesso dell'intuizione e che è vissuta con la medesima certezza. Perciò, chi vuol sottoporre dal di fuori questo processo ad analisi critica, analizza in realtà qualche cosa di diverso. Analizza il processo discorsivo che dovrebbe fare, per provare la validità della sua conclusione, una coscienza che non senta già la certezza di questa conclusione; o, piú esattamente, che consideri come conclusione di un passaggio logico, quel che per il mistico non è conclusione logica, ma è evidenza psicologica.


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Il vecchio e il nuovo problema della morale
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
1945 pagine 103

   





Potere