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      Ma quale è il criterio di questo meglio? di quella amélioration che, come dice poche righe piú sotto delle parole citate, non bisogna disperare di portarvi? Questo criterio non può essere il reale stesso che bisogna modificare e migliorare; sarà dunque, di nuovo, in ideale o qualche cosa che lo sostituisce. «L'ombra sua torna ch'era dipartita».
      (3) Il pragmatismo, anche per chi è pragmatista, qui non ha nulla da vedere. Può essere verissimo che anche la nostra conoscenza sia stimolata, sorretta, guidata, controllata da un interesse (l'interesse teorico) e come tale sia, anzi è senz'altro, un valore (intellettuale): ma ciò non muta d'un ette la distinzione notata.
      Senza volontà di conoscere non ci sarebbe conoscenza; sta benissimo, o almeno possiamo qui lasciar di discutere; ma la conoscenza è volontà di conoscere le cose come sono cioè come appaiono a chi non è mosso da altro interesse che quello del conoscere; e il valutare è giudicare le cose così conosciute (cioè costruite in conformità all'interesse teoretico) rispetto a finalità distinte da quelle del conoscere, cioè a interessi di altro genere, edonistico, estetico, morale, e via dicendo.
      Altro è dire che in Engadina fa fresco e altro dire che amano il fresco quei che vi passano l'estate.
      (4) Ne ho parlato altrove (La dottrina delle due etiche di H. Spencer e la morale come scienza, pp. e 120-121) e non occorre insistervi qui.
      (5) Sebbene il parlare della soddisfazione della propria coscienza come di un bene desiderabilissimo sia legittimo, non è legittimo, né conforme alla verità psicologica, considerarlo come il fine della condotta morale.


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Il vecchio e il nuovo problema della morale
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
1945 pagine 103

   





Engadina Spencer