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      Dunque preme sommamente d'avvezzare per tempo i giovani al lavoro. Quando non sono già effeminati, amano in realtà i divertimenti misti di fatica e le occupazioni che richiedono un certo uso di forze. Non dobbiamo renderli incontentabili nei loro piaceri e lasciarne loro la scelta. Qui le madri guastano per ordinario i loro figli e li rendono troppo delicati. E tuttavia si osserva che i figli, specie i giovinetti, amano più il loro padre che la madre; forse perché la madre non permette loro di saltare, di correre da un punto all'altro, per timore che non accada loro qualcosa di sinistro. Il padre, invece, che li sgrida, che li picchia quando non sieno stati buoni, li conduce talvolta in campagna, e quivi li lascia correre, giuocare e divertirsi a loro posta, conforme alla loro età.
      Si crede di esercitare la pazienza de' giovinetti facendo loro attendere una cosa per lungo tempo. Il che non dovrebbe essere punto necessario. Ma essi han bisogno di pazienza nelle malattie e in altre contingenze della vita. Di due sorta è la pazienza: consiste o nel rinunziare ad ogni speranza, o nel prendere nuovo coraggio. La prima non è necessaria, quando si desideri unicamente il possibile; e si può aver sempre la seconda, quando non altro si desideri che il giusto. Ma tanto funesto è il perdere la speranza nelle malattie, quanto è favorevole il coraggio al ristabilirsi della salute. Chi è capace di mostrarne ancora nel suo stato fisico o morale, non rinuncia alla speranza.
      Non bisogna render più timidi i fanciulli.


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La pedagogia
di Immanuel Kant
Paravia Torino
1925 pagine 96