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      Anche le macchine sono la proprietà di qualcuno soltanto, e quando anche questa o quella macchina rappresenti indubbiamente i perfezionamenti arrecati al primitivo congegno da tre generazioni di lavoratori, non per questo essa appartiene meno a qualche padrone; e se i nepoti di quello stesso inventore che costrusse, cento anni fa, la prima macchina da merletti si presentassero oggi nelle manifatture di Basilea o di Nottingham reclamando i loro diritti, sarebbe loro risposto sul viso: «Andatevene! questa macchina non vi appartiene!» e verrebbero fucilati se essi volessero a forza entrarne in possesso.
      Le ferrovie, che sarebbero inutili ferramenta senza la popolazione così densa dell'Europa, senza la sua industria, il suo commercio e i suoi scambi, appartengono ad alcuni azionisti, i quali forse ignorano dove si trovano le strade che loro assicurano una rendita superiore a quella di un re del medio evo. E se i figli di coloro che morivano a migliaia scavando i fossati e le gallerie si radunassero un giorno, e venissero, in folla cenciosa ed affamata, a reclamar pane dagli azionisti, essi si scontrerebbero colle baionette e la mitraglia messe in azione per salvaguardare i «diritti acquisiti».
      In virtù di quest'organizzazione mostruosa, il figlio del lavoratore, quando nasce alla vita, non trova un campo da coltivare, nè una macchina da condurre, nè una miniera da scavare, senza ch'ei non debba cedere ad un padrone una buona parte di ciò che produrrà. Egli deve vendere la sua forza di lavoro per un pasto magro ed incerto.


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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna
1948 pagine 282

   





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