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      Noi possiamo già prevedere un mondo in cui l'individuo, cessando di esser vincolato da leggi, non avrà che abitudini socievoli - risultato del bisogno, provato da ognun di noi, di cercare l'appoggio, la cooperazione, la simpatia dei propri vicini.
      Certo, l'idea di una società senza Stato susciterà, per lo meno, altrettante obbiezioni quante l'economia politica di una società senza capitale privato. Tutti, più o meno, crescemmo alimentati da pregiudizii sulle funzioni provvidenziali dello Stato. Tutta la nostra educazione, dall'insegnamento delle tradizioni romane sino al codice bizantino, che si studia sotto il nome di diritto romano, e le stesse scienze diverse professate nelle Università, ci abituano a credere al governo e alle virtù dello Stato-Provvidenza.
      Interi sistemi di filosofia sono stati elaborati e insegnati per mantenere questo pregiudizio. Tutte le teoriche della legge si esprimono nel medesimo senso. E tutta la politica è basata su questo principio; ed ogni politicante, qualunque sia il suo partito e la sua gradazione, non fa che ripetere al popolo «Dammi il potere, perchè io voglio, io posso liberarti dalle miserie che ti opprimono».
      Dalla culla alla tomba, tutte le nostre azioni sono dirette da questo principio. Aprite non importa qual libro di sociologia, di giurisprudenza, e troverete sempre che il governo, la sua organizzazione, i suoi atti vi occupano un posto così grande, che noi ci abituiamo a credere che non vi sia null'altro all'infuori del governo e degli uomini di Stato.


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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna
1948 pagine 282

   





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