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      S'egli non la conosce che come un uccello di passaggio conosce il paese al di sopra del quale spazia nelle sue emigrazioni? Se in tutto il vigore della sua bella giovinezza, non ha dallo spuntar dell'alba seguito l'aratro, non ha gustato il godimento di abbattere le erbe con un largo colpo di falce accanto ai robusti falciatori, facendo a gara di energia colle ridenti ragazze, che empiono l'aria delle loro canzoni? L'amor della «terra» e di ciò che cresce sulla terra non lo si acquista col farne degli studi col pennello; non lo si acquista che mettendosi ai suoi servigi; e senza amarla come dipingerla? Ecco perchè tutto ciò che i migliori pittori hanno potuto riprodurre, in questo senso, è ancora così imperfetto, e molto spesso falso; quasi sempre del sentimentalismo. Vi manca la «forza».
      Bisogna aver ammirato, ritornando dal lavoro, il tramonto del sole. Bisogna essere stato contadino per conservarne lo splendore nell'occhio.
      Bisogna esser stato in mare col pescatore, ed ogni ora del giorno e della notte; aver pescato, lottato contro i flutti, sfidata la tempesta, e provata, dopo una rude fatica, la gioia di sollevare una rete pesante, o il disinganno di ritornare colle mani vuote, per comprendere la poesia della pesca. Bisogna essere passato per l'officina, aver conosciuto gli stenti, le sofferenze ed anche le gioie del lavoro creatore, aver fucinato il metallo allo splendore sfolgorante degli alti forni; bisogna aver sentito «vivere» la macchina per sapere che cosa è la forza dell'uomo e tradurla in un'opera d'arte.


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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna
1948 pagine 282