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      Noi ci occuperemo invece di una società comunista-anarchica, di una società che riconosca la libertà piena ed intera dell'individuo, non ammetta alcuna autorità, non impieghi alcun mezzo coercitivo per obbligar l'uomo al lavoro. Limitiamoci in questi studi al lato economico del problema, vediamo se questa società, composta di uomini quali oggi esistono, - nè migliori nè più cattivi, nè più nè meno laboriosi, - avrebbe probabilità di svilupparsi felicemente.
      L'obbiezione è conosciuta. «Se l'esistenza di ciascuno è assicurata, e la necessità di guadagnare un salario non obbliga l'uomo a lavorare, nessuno lavorerà. Ciascuno si sbarazzerà sugli altri dei lavori che non sarà costretto di fare». Rileviamo dapprima la leggerezza incredibile colla quale si mette innanzi questa obbiezione, senza riflettere che la questione, in realtà, si riduce a sapere se, da una parte, si ottiene effettivamente col lavoro salariato i risultati che si pretende di ottenere; e se, da un'altra parte, il lavoro volontario non sia già, oggidì stesso, più produttivo del lavoro stimolato dal salario. Tale questione esigerebbe uno studio profondo. Ma mentre nelle scienze esatte non si usa pronunciarsi sopra soggetti infinitamente meno importanti e meno complicati, che dopo serie ricerche, raccogliendo accuratamente fatti e analizzandone i rapporti, - nel nostro caso gli avversari si contentano di un fatto qualunque, - per esempio l'insuccesso di un'associazione di comunisti in America, - per sentenziare senza appello.


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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna
1948 pagine 282

   





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