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      Essi proclamano un principio rivoluzionario ed ignorano le conseguenze a cui questo principio deve inevitabilmente condurre. Dimenticano che il fatto stesso di abolir la proprietà privata individuale degli strumenti di lavoro (suolo, officine, vie di comunicazione, capitali) deve sospingere la società per vie assolutamente nuove; che questo fatto deve sconvolgere da cima a fondo, la produzione, sia nel suo fine che nei suoi mezzi; che tutte le relazioni quotidiane fra individui debbono essere modificate, dacchè la terra, la macchina e il resto sono considerati come possesso comune.
      «Non più proprietà privata», essi dicono, e subito invece si affrettano a mantener la proprietà privata nelle sue manifestazioni quotidiane. «Voi sarete un Comune, quanto alla produzione; i campi, gli utensili, le macchine, tutto ciò che fino ad oggi è stato fatto, manifatture, strade ferrate, porti, miniere, ecc., tutto ciò vi appartiene. Non vi sarà la menoma distinzione per quanto concerne la parte di ciascuno in questa proprietà collettiva.
      «Ma sin dal domani, voi vi contenderete minuziosamente la parte che prenderete nella creazione di nuove macchine, per scavar nuove miniere. Voi conterete i vostri minuti di lavoro e veglierete affinchè un minuto del vostro vicino non possa acquistare maggiori prodotti del vostro.
      «E giacchè l'ora non misura nulla, giacchè in tale manifattura un lavoratore può accudire a sei telai in una volta, mentre che nel tal altro stabilimento non accudisce che a due, voi calcolerete la forza muscolare, l'energia cerebrale e l'energia nervosa che avrete consumato.


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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna
1948 pagine 282

   





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