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      Si comprende che l'appropriazione, per opera di alcuni, di tutte le ricchezze non consumate e trasmettentesi da una generazione all'altra, non è fatta nell'interesse generale. Si constata che in tal modo i bisogni dei tre quarti della società rischiano di non essere soddisfatti, e la spesa eccessiva di forza umana non è che uno spreco inutile e criminoso.
      Si comprende finalmente che l'impiego più vantaggioso di tutti i prodotti è quello che soddisfa i bisogni più urgenti, ed il valore di utilità non dipende da un semplice capriccio, come si è spesso affermato, ma dal soddisfacimento ch'esso arreca a bisogni reali.
      Il Comunismo, - cioè una veduta sintetica del consumo, della produzione e dello scambio, ed un'organizzazione che risponda a questa veduta sintetica, - diventa così la conseguenza logica di questa comprensione di cose, la sola, a parer nostro, che sia realmente scientifica.
      Una società che soddisferà ai bisogni di tutti, e che saprà organizzare la produzione, dovrà inoltre distruggere certi pregiudizi concernenti l'industria e, in primo luogo, dovrà abolire la teoria tanto vantata dagli economisti sotto il nome di «divisione del lavoro», di cui noi tratteremo nel prossimo capitolo.
     
     
     
      DIVISIONE DEL LAVORO
     
      I.
     
      L'economia politica si è sempre limitata a constatare i fatti ch'essa vedeva prodursi nella società e a giustificarli nell'interesse della classe dominante. Ugualmente essa agisce per la divisione del lavoro che l'industria ha creato; avendola trovata vantaggiosa per i capitalisti, l'ha elevata a principio.


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La conquista del pane
di Petr Alekseevic Kropotkin
Libreria internazionale d'avanguardia Bologna
1948 pagine 282

   





Comunismo