Pagina (26/55)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Costoro sono, che dotati per natura d'una testa bene organizzata l'hanno ancora viemmaggiormente perfezionata collo studio, e col sapere. Costoro, sebbene la libertà si fosse intieramente perduta, e fosse del tutto sparita dal mondo, l'immaginerebbono da loro stessi, la sentirebbero, ed assaporerebbero nella loro fantasia, nè mai, per quanto si potesse abbellire, saprebbero trovare amabile la schiavitù.
      Il gran Turco si è molto ben accorto, che i libri, e la dottrina prestano più che ogn'altra cosa, agli uomini il buon senso di riconoscer se stessi e di odiare la tirannia; e perciò io sento dire, che ne' suoi dominj non vi sieno più sapienti di quelli, ch'egli ne desideri. Ora per lo più lo zelo, e la buona volontà di coloro, ch'hanno a dispetto de tempi conservato la devozione all'indipendenza per grande che siane il loro numero, rimangono sempre inefficaci per non potersi fra di loro riconoscere. Sotto i tiranni ogni facoltà loro vien tolta, non che di parlare, e di operare, ma quasi benanche di pensare, e restano tutti isolati, e solitarj ne' loro pensieri. Laonde Momo non beffeggiò di troppo allor che criticò nell'uomo fabbricato da Vulcano, che costui non avessegli lasciata una piccola finestra aperta nel cuore, affinchè si potessero da colà dentro vedere i di lui pensieri. Si è voluto sostenere, che Bruto, e Cassio allorchè intrapresero di liberar Roma, o per meglio dire il mondo intero, ricusassero d'ammettere nel loro partito Cicerone, quel gran cittadino così zelante del pubblico bene, quant'altri mai ve ne sieno stati, perchè credettero il di lui cuore troppo debole per una sì grande impresa.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Discorso di Stefano della Boetie della schiavitù volontaria o il Contra uno
Etienne de la Boetie
di
1799 pagine 55

   





Turco Momo Vulcano Bruto Cassio Roma Cicerone