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      Il primo passo che il pensiero ingenuo abbia fatto in tale ordine di considerazioni consiste in questo enunciato: il reggitore è l'autore.
      Fatta, inoltre, eccezione di certi brevi periodi di democrazia esercitata con la viva coscienza della sovranità popolare, come fu di alcune città greche, e segnatamente di Atene, e di alcuni Comuni italiani, e specie di Firenze (quelle erano, però, di uomini liberi padroni di schiavi, questi furono di cittadini privilegiati sfruttanti il forestiero e la campagna), la società retta a stato fu sempre di una maggioranza messa in balia di una minoranza. Cosicché la maggioranza degli uomini è apparsa nella storia come una massa retta, governata, guidata, sfruttata e maltrattata; o, per lo meno, qual variopinta conglomerazione d'interessi, che alcuni pochi avessero da regolare, mantenendo in equilibrio le divergenze, per pressione o per compensazione.
      Di qui la necessità di un'arte di governo; e, come questa si fa prima di ogni altra cosa palese agli osservatori della vita collettiva, così era naturale, che la politica apparisse come l'autrice dell'ordine sociale, e come l'indice della continuità nel succedersi delle forme storiche. Chi dice politica, dice attività, che fino ad un certo punto si conduce a disegno; cioè fino a che i calcoli non dian di cozzo in ignorate o inaspettate resistenze. Assumendo, per quel che suggeriva la imperfetta esperienza, ad autore della società lo stato, e ad autrice dell'ordine sociale la politica, ne venia di conseguenza, che gli storici narratori o ragionatori fossero portati a riporre l'essenziale della storia nel succedersi delle forme, delle istituzioni e delle idee politiche.


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Del materialismo storico
Dilucidazione preliminare
di Antonio Labriola
pagine 163

   





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