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      Ora dei precisi termini di tali problemi toccherò qui in genere, ma in modo quasi aforistico: perché, veramente, io non intendo di descriver fondo all'universo, in questo breve saggio, che non ha poi da essere una enciclopedia.
      La morale innanzi tutto.
      Non dico dei sistemi e dei catechismi, o religiosi, o filosofici. Gli uni e gli altri stettero e stanno al di sopra del corso ordinario e profano delle cose umane, nella più parte dei casi, come le utopie stanno al di sopra delle cose. Né dico di quelle analisi formali dei rapporti etici, che son venute tanto raffinandosi dai Sofisti ad Herbart. Ciò è scienza, e non è vita. Ed è scienza formale, come la logica, la geometria e la grammatica. L'ultimo acuto ritrovatore e definitore di tali rapporti etici, che è appunto Herbart, sapea bene che le idee, ossia i punti di vista formali del giudizio morale, sono per sé impotenti. E per ciò egli ripose nelle circostanzialità della vita, e nella formazione pedagogica del carattere, la realtà dell'etica. Parrebbe Owen, se non fosse stato un codino.
      Dico, invece, di quella morale, che esiste prosaicamente, e in modo empirico ed ovvio, nelle inclinazioni, negli abiti, nelle consuetudini, nei consigli, nei giudizii e nelle valutazioni degli uomini di tutti i giorni. Dico di quella morale, che come suggestione, come spinta e come remora, si forma in vario grado di sviluppo, e con maggiore o con minore evidenza, ma a frammenti, in tutti e singoli gli uomini; per il fatto stesso che convivendo essi, ed occupando ciascuno una posizione determinata nell'ambito della convivenza, riflettono naturalmente e necessariamente su le opere proprie e su le opere altrui, e concepiscono aspettazioni ed apprezzamenti, e primissimi elementi di massime generali.


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Del materialismo storico
Dilucidazione preliminare
di Antonio Labriola
pagine 163

   





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