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      La qual cosa non vale tanto dei prodotti, dirò così, del sentimento e della fantasia, che pur si serbano e perpetuano nella tradizione letteraria, quanto vale dei resultati del pensiero, e soprattutto della scoverta e della produzione dei mezzi tecnici, che, ove siano acquisiti, per diretto si comunicano e trasmettono.
      Occorre forse di rammentare, che la scrittura non fu mai più perduta, per quanto i popoli che ne furono i rinvenitori sparissero dalla storica continuità? Occorre forse di ricordare, che noi rechiamo tuttodì nelle nostre tasche, su i nostri orologi, il quadrante babilonese, e che noi usiamo l'algebra, che fu introdotta da quegli arabi, la cui attività storica si è poi dispersa come la sabbia del deserto? Non vale di molteplicare incidentalmente e indefinitamente gli esempii, perché basta di aver sott'occhi la tecnologia, e la storia delle scoverte nel lato senso della parola, nella quale è evidente la trasmissione quasi continuativa dei mezzi istrumentali del lavoro e della produzione.
      E, al postutto, le smossi provvisorie che diconsi storie universali, per quanto rivelino sempre, così nell'intento come nella esecuzione, qualcosa di forzato e di artificiale, non sarebbero state mai nemmen tentate, se le vicende umane non offrissero all'empirismo dei narratori un qualche filo, sia pur sottile, di continuità.
      Ecco lì l'Italia del secolo decimosesto, che evidentemente decade; ma, mentre decade, trasmette alla rimanente Europa le sue armi intellettuali. Né esse sole rimangono in retaggio alla civiltà che continua; ma anche il mercato mondiale si stabilisce su i fondamenti di quelle scoverte geografiche, e di quei trovati nautici, che furono opera dei mercanti, e dei viaggiatori e marinari d'Italia.


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Del materialismo storico
Dilucidazione preliminare
di Antonio Labriola
pagine 163

   





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