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      Rigettato il concetto della economia in quanto scienza storica, riaccampa la pretesa di una scienza della economia, che, senza confondersi con l'etica, abbracci tutto l'uomo, e non soltanto l'uomo lavorante. Sofistica su la impossibilità di trovare una misura del lavoro, in quanto questo, alla sua volta, debba misurare il valore; e considera il sopravvalore come una escogitazione tratta dalla ipotesi costruttiva delle due classi in lotta fra loro. Per via di molti ripieghi scrive l'apologia del capitalista, in quanto è intraprenditore, cioè lavoratore e direttore; e, mentre si scaglia contro la classe parassitaria e contro il commercio ingannatore, postula un'etica la quale insegni a ciascuno la parte del suo dovere. Si compiace, da ultimo, che Marx abbia scoverta l'importanza sociale dei lavoratori minuti; sebbene sia caduto in quel discreto numero di spropositi, che il nostro autore va notando; come a dire, per es., la riduzione del lavoro complicato al lavoro semplice, e soprattutto la strana opinione di credere alle lotte di classe, mentre non c'è che lotta tra gli individui.
     
      Ma se è cosa così facile il ridurre in polvere il materialismo storico, ma se le lotte di classe in quanto principio di dinamica storica non sono che la erronea generalizzazione di fatti male intesi, ma se l'aspettazione del comunismo è affatto utopistica, ma se le dottrine del Capitale sono di cosi patente erroneità, ma se tutti i fondamenti sono oramai distrutti, perché l'A. s'affanna poi a scrivere altre duecento pagine sul diritto, su l'etica, su la religione e così via, ossia su quei sistemi che chiama ideologici?


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Del materialismo storico
Dilucidazione preliminare
di Antonio Labriola
pagine 163

   





Marx Capitale