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      Ma per ora sarebbe opera vana il provarsi a fare intendere, a tanti e tanti di costoro, questo principio schietto di etica comunistica: che, cioè, la gratitudine e l'ammirazione conviene aspettarsele come doni spontanei dal prossimo nostro; - né molti di costoro si tratterrebbero dal mettere le mani avanti, per sentirsi a ripetere, in nome di Baruch Spinoza, che la virtù è premio a se stessa. En attendant, dunque, che in una società migliore della nostra non rimangano altri oggetti all'ammirazione degli uomini, se non quelli degnissimi - che so dire? -, per es., le linee del Partenone, i quadri di Raffaello, i versi di Dante e di Goethe, e quanto di utile, di certo, di definitivamente acquisito presenti la scienza, non ci è dato per ora d'impedire a quanti abbiano fiato da spendere, e carta stampata da mettere in circolazione, di pavoneggiarsi in nome di tante e tante belle cose - umanità, giustizia sociale e simili - e anche in nome del socialismo, come accade specie a quelli che s'inscrivono da concorrenti a l'ordre pour le mérite e alla legion d'onore, della futura, ma non molto prossima, rivoluzione proletaria. Figurarsi se costoro non dovessero subodorare nel materialismo storico la satira di tutte le loro vuote arroganze e futili ambizioni, e non avessero da avere in uggia questa nuova specie di panteismo, dal quale, con licenza parlando, è sparito - appunto perché esso è ultraprosaico - perfino il riverito nome di dio.
     
      Una grave circostanza è qui da aggiungere. In tutte le parti dell'Europa civile gl'ingegni - veri o falsi che si siano - han molti e molti modi di occuparsi nei servizii dello stato, e in tutto ciò che di proficuo e di onorifico può loro offrire la borghesia; la quale, per dir vero, non è tanto prossima a tirar le cuoia, come si dànno ad intendere alcuni allegri facitori di strampalate profezie.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183

   





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