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      Non è dunque da meravigliare che Engels (pag. IV della prefazione al III vol. del Capitale - notate bene - in data del 4 ottobre 1894) scrivesse così: "Come nel secolo XVI, così nel nostro tempo tanto agitato, non vi ha nel campo degl'interessi pubblici dei puri teorici se non dal lato della reazione". Queste parole, per quanto chiare altrettanto gravi, basterebbero da sole a turar la bocca a quelli che vanno sbraitando, esser già tutta l'intelligenza passata dalla parte nostra, e che la borghesia abbassi oramai le armi. Il vero è precisamente il contrario: nelle nostre file c'è da per tutto scarsezza di forze intellettuali, per quanto gli operai genuini, per ispiegabile sospetto, spesso strepitino qua e là contro i parleurs e lettrés del partito. Non c'è dunque da inarcar le ciglia, se il materialismo storico sia così poco progredito dalle prime e generali enunciazioni. E volendo pur passar sopra a quelli che ne han fatto argomento di semplici ripetizioni o di travestimenti, che qualche volta rasentano il burlesco, ci tocca di confessare, che nella somma di tutto ciò che se n'è scritto di serio, di congruo e di corretto, non c'è ancora l'insieme di una dottrina uscita già dallo stadio della prima formazione. Non è chi oserebbe fra noi di far confronti col darwinismo, che in poco men di quarant'anni ha avuto tale e tanto sviluppo intensivo ed estensivo, che oramai, per la copia dei materiali, per la molteplicità dei riattacchi ad altri studii, per le varie correzioni metodiche e per la interminabile critica sortavi dentro e dattorno, quella dottrina ha giù una storia gigantesca.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183

   





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