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      Coloro che usano il linguaggio dei decadenti della borghesia, scambiando, com'è loro uso, la cosa col simbolo, vanno ora dicendo, che questo è il trionfo del signor Marx; tal quale come se altri dicesse, che il cristianesimo è il trionfo (e perché non dire a dirittura il successo?) del signor Gesù di Nazaret; di un signor Gesù, che, deposto e destituito dalla qualità di figlio di dio fattosi uomo, divenga, come nello stile tra il molle e lo sdilinquito del vostro Renan un uomo così fanciullescamente divino da parere un iddio.
     
     
      Innanzi a questo esperimento intuitivo della politica del socialismo, il che è quanto dire della politica del proletariato, son cadute le vecchie divergenze delle scuole, alcune delle quali erano in fatto divarii e screziature di vanità letteraria, per cedere il posto alle utili divergenze, che nascono spontanee dal vario modo di trattare i problemi pratici. Nel fatto, in concreto, ossia nello svolgimento positivo e prosaico del socialismo, poco importa se tutti i suoi capi, condottieri, oratori e rappresentanti si conformino o non si conformino ad una dottrina, e ne facciano o non ne facciano professione palese. Il socialismo non è una chiesa, né una setta, cui occorra il dogma o la formula fissa. Se oggi da molti si parla del trionfo del marxismo, cotesta enfatica espressione, quando sia ridotta ad una forma crudamente prosaica, viene a dire che nessuno può essere d'ora innanzi socialista, se non a patto di domandarsi ogni istante: in questa data situazione, che cosa conviene di pensare, di dire o di fare nell'interesse del proletariato?


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183

   





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