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      Ogni atto di pensiero è uno sforzo; cioè un lavoro nuovo. A compierlo occorrono innanzi tutto i materiali dell'esperienza depurata, e gl'istrumenti metodici, resi familiari e maneggevoli dal lungo uso. Non c'è dubbio, che il lavoro compiuto, ossia il pensiero prodotto, agevoli i nuovi sforzi diretti alla produzione di novello pensiero; in prima, perché i prodotti precedenti rimangono obiettivati nei mezzi intuitivi dello scritto e delle altre arti rappresentative, e, in secondo luogo, perché l'energia in noi internamente accumulata penetra e investe il nuovo lavoro, qual ritmo del procedimento, nella qual cosa (ossia nel ritmo) consiste appunto il metodo della memoria, del ragionamento, dell'espressione, della comunicativa, e così via. Ma macchine pensanti non si diventa mai! Tutte le volte che ci mettiamo nuovamente a pensare, oltre che ci necessitano sempre i mezzi e gl'incentivi esterni ed obiettivi della materia empirica, ci occorre ancora uno sforzo adeguato per passare dagli stati più elementari della vita psichica a quello stadio superiore derivato e complesso, che è il pensiero, nel quale non possiamo mantenerci, se non per atto di attenzione volontaria, che ha intensità e durata di speciale e non sorpassabile misura.
      Cotesto lavoro, che a noi si rivela nella nostra diretta ed immediata coscienza, qual fatto, che ci concerna solo in quanto siamo persone singole e circoscritte dalla nostra naturale individuazione, non si avvera in ciascun di noi, se non in quanto noi siamo appunto, nell'ambiente della convivenza, esseri socialmente e quindi anche storicamente condizionati.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183