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      Cotesta critica dcll'Engels, che per molti rispetti è specificabile e precisabile ancora, e soprattutto per ciò che riguarda la origine di cotesto pensare metafisicamente, ripete a modo suo la opposizione hegeliana fra l'intendimento, che fissa gli opposti come tali, e la ragione, che gli opposti rimette in serie di processo ascendente - (la divina arte di conciliare gli opposti, direbbe Bruno - omnis determinatio est negatio, diceva Spinoza).
      Cotesta metafisica, sensu deteriori, ha alla lontana una qualche analogia con la origine dei miti. S'inradica nella teologia, in quanto questa è diretta a rendere plausibili al ragionamento formale i dati (subiettivi sì, ma che l'autoillusione fa parere obiettivi) del credere. Quanti miracoli non ha fatto il quasi-mito dell'eterno logos? Tale metafisica, in senso diremo oramai dispregiativo, come stadio e come intoppo di un pensiero ancora in formazione, ricorre in ogni ramo del sapere. Quanto sforzo non è costato alla riflessione dottrinale, nel campo della linguistica, l'andar sostituendo alla illusione paradigmatica delle forme grammaticali la genesi di queste: genesi che va psicologicamente cercata ed accertata nel vario atteggiarsi del parlare, che è un fare ed un produrre, e non un semplice factum? Così fatta metafisica, in senso d'ironia, esiste ed esisterà forse sempre nei derivati verbali e fraseologici dell'espressione del pensiero; perché la lingua, senza della quale noi non potremmo, né addivenire alla precisione ai quello, né formularne la manifestazione, al tempo stesso che dice, altera ciò che esprime, ed ha perciò sempre in sé il germe del mito.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183

   





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