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      In questi giudizii trovano una scala, e studiano (per la più parte in forma tipica ed ipotetica) i gradi di essa; come chi studiasse nell'estetica formale i soli gradi del compiacimento. Di fronte a tali valutazioni (o gradi dell'apprezzamento del bisogno) stanno le cose, che sono i beni; e queste cose vengono esaminate nella loro relazione con gli apprezzamenti, tenuto conto della loro quantità disponibile ed acquisibile, il che determina per esse la qualità di valori, il limite dei valori ed il valore-limite. Costituita così la posizione astratta e generica della economicità, indifferentemente, così per le cose di cui la natura ci è prodiga, come per quelle che costano agli uomini il sudore della fronte (e l'ingrato lavoro della storia), la povera economia ovvia e comune, ossia la economia della convivenza che ci è familiare, e su la quale si sono travagliati i teoretici di scuola classica, e i critici del socialismo, diventa come un caso particolare di un'algebra universalissima. Il lavoro, che per noi è il nerbo stesso del vivere umano, ossia l'uomo stesso che si svolge, diventa in cotesta veduta, o lo sforzo per evitare una pena, o la minor pena. In cotesta astratta atomistica delle conazioni, degli apprezzamenti e delle quantità di beni, non si sa più che cosa sia la storia, e il progresso si risolve in una mera parvenza.
     
     
      Se mai occorresse di formulare, non sarebbe fuori di luogo il dire, che la filosofia implicita al materialismo storico è la tendenza al monismo; - e uso la parola tendenza, accentuandola.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183