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      Volgendomi al socialismo, non ho chiesto a Marx l'abicì del sapere. Al marxismo non ho chiesto, se non ciò ch'esso effettivamente contiene: ossia quella determinata critica dell'economia che esso è, quei lineamenti del materialismo storico che reca in sé, quella politica del proletariato che enuncia o preannuncia. Non chiesi al marxismo nemmeno la conoscenza di quella filosofia, che esso suppone, e, in un certo senso, continua, superandola per inversione dialettica; ed è l'hegelismo, che rifioriva appunto in Italia nella mia gioventù, e nel quale io m'ero come allevato. Manco a farlo a posta, la mia prima composizione filosofica, in data del maggio 1862, è una: Difesa della dialettica di Hegel contro il ritorno a Kant iniziato da Ed. Zeller! Per intendere il socialismo scientifico non mi occorreva, dunque, di avviarmi per la prima volta alla concezione dialettica, evolutiva o genetica, che dir si voglia, essendo io vissuto sempre in cotesto giro di idee, da che pensatamente penso. Aggiungo anzi, che, mentre il marxismo non mi tornava punto difficile nei suoi lineamenti intrinseci e formali, in quanto metodo di concezione, mi tornava invece di faticosa acquisizione nel suo proprio contenuto economico. E mentre io andavo facendo, nel miglior modo che mi fu possibile, cotesta acquisizione, non era né dato né permesso a me di confondere la linea di sviluppo che è propria del materialismo storico, ossia il senso che ha qui in questo caso concreto l'evoluzione, con quella, direi quasi, malattia cerebrale, che da anni già ha invaso i cervelli di quei molti italiani, che parlano ora di una Madonna Evoluzione, e l'adorano.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183

   





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