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      Credetemi sempre, etc.
     
     
      VIII.
     
      Roma, 20 giugno '97
     
      Mi occorre come un post-scriptum, che rechi delle postille alla penultima lettera, tanto grave di non facile filosofia.
      Metto - com'è naturale - fra i prodotti delle affettività nostre, dei quali dissi che adombrano l'intelletto volgente alla scienza, anche quei complessi di inclinazioni, di tendenze, di valutazione e di pregiudizii, che di solito designiamo con le denominazioni antitetiche di ottimismo e di pessimismo.
      In tali modi di apprezzamento, che oscillano dal passionale al poetico, e rivelan sempre la nota incerta di ciò che non può ridursi in formula precisa, non è chi sappia scorgere, né l'indirizzo, né la promessa di una razionale interpretazione delle cose. Sono, nel tutt'insieme, la estrinsecazione riassuntiva di infiniti particolari sentimenti, i quali possono aver sede, come la cosa è più patente nel caso del pessimismo, così nello specifico temperamento di un singolo individuo (per es., Leopardi), come in una situazione comune ad una intera moltitudine (alle origini per es. del Buddhismo). Ottimismo e pessimismo nella somma, consistono nel generalizzare le attività resultanti da una determinata esperienza o situazione sociale, e nel prolungarle tanto fuori dell'ambito della nostra vita immediata da farne come l'asse, il fulcro, o la finalità dell'Universo.
      In guisa che poi, in fine, le categorie del bene e del male, che han realmente un senso così modestamente relativo alle nostre contingenze pratiche, divengono come il criterio per giudicare di tutto il mondo, ridotto in così piccola immagine, da parer fatto qual semplice supposto e qual semplice condizione della felicità o della infelicità nostra.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183

   





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