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      Così dall'uno come dall'altro dei due angoli visuali, par che il mondo non possa intendersi se non come fatto, o a fin di bene, o a fin di male, e costituito per la prevalenza o per il trionfo, o dell'uno o dell'altro.
      Nel fondo di cotesti modi di concepire c'è sempre la originaria poesia, che non si scompagna mai dal mito; - e tali modi di concepire forman sempre, dal crasso ottimismo maomettano al raffinato pessimismo buddhistico, il midollo pratico e la forza suggestiva dei sistemi religiosi. E ciò è naturalissimo. La religione, che appunto per ciò e, per ciò solo, è un bisogno, consta i tante trasfigurazioni dei timori, delle speranze, dei dolori, delle amarezze della vita cotidiana, in creduti e paventati preordinamenti; in guisa che le lotte del così detto quaggiù vengon tramutate in contrasti dell'Universo: - dio e satana - la caduta e la redenzione - la creazione e la palingenesi - la scala delle espiazioni ed il Nirvana. Quell'ottimismo e quel pessimismo, che si presentano nella veste, o meglio nelle apparenze di cosa pensata, nell'ambito di certe filosofie, non son che residui più o meno consaputi della religione come che sia trasformata, o di quella antireligione, che nell'impeto passionato del non credere rassomiglia alla fede. L'ottimismo di Leibnitz per es. non è certo la funzione filosofica della sua ricerca del calcolo superiore, né della sua critica dell'azione a distanza, e nemmeno del suo monadismo metafisico, né della sua scoverta del determinismo interno.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183

   





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