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      E pure questo è il mito più noto della mitologia indo-europea; quello per il quale esistono più dati per seguirne le successive fasi embriogenetiche, dagli antichissimi inni vedici in onore del dio Agni (il fuoco), fino alla creazione etico-religiosa della tragedia eschilea.
      Gli è che coteste produzioni psichiche degli uomini dei secoli trapassati presentano all'intendimento nostro delle difficoltà tutte speciali. Noi non possiamo facilmente riprodurre in noi le condizioni che occorrono, per approssimarci allo stato interiore d'animo, che fu rispettivo a quei prodotti. Occorre una lunga assuefazione perché si acquisti quella attitudine interpretativa, la quale è propria del glottologo, del filologo, del critico, del preistorista; ossia di chi, col lungo esercizio e coi reiterati tentativi, si fa come una coscienza artificiale, congrua e consona all'obietto da spiegare.
      Se non che il cristianesimo (e qui intendo dire della credenza, della dottrina, del mito, del simbolo, della leggenda, e non della semplice associazione nella sua oikonomika), ci riesce relativamente più facile, in quanto è a noi più prossimo. Ci viviamo in mezzo, e ne abbiamo di continuo a considerare le conseguenze e le derivazioni nelle letterature e nelle varie filosofie a noi familiari. Noi possiamo tuttodì osservare come le moltitudini combinino, all'ingrosso, tanto le atavistiche come le recenti superstizioni con una mezzana o appena approssimativa accettazione del principio più generale, che unifica tutte le confessioni: - il principio cioè della caduta e della redenzione.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183

   





Agni