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      Due tedeschi ne furono gli autori, ma non vi portaron dentro, né la sostanza, né la forma delle personali opinioni, che a quel tempo sapean di solito d'imprecazione, di piato e di rancore in bocca ai profughi politici, o a quelli, che, com'era il caso loro, volontarii abbandonassero la patria, per godere altrove aere più spirabile. Né v'introdussero direttamente l'immagine delle condizioni del loro paese, che erano politicamente misere, e socialmente, ossia economicamente, solo per alcuni primi inizii, e solo in certi punti del territorio, confrontabili a quelle che già in Francia e in Inghilterra erano ed apparivano moderne. Vi portarono invece il pensiero filosofico, per cui solo la patria loro s'era messa e mantenuta all'altezza della storia contemporanea; di quel pensiero filosofico, che, appunto nelle persone loro, assumeva a quel tempo la notevole trasformazione, per la quale il materialismo, già rinnovato da Feuerhach, combinandosi con la dialettica, diveniva capace di abbracciare e di comprendere il moto della storia nelle sue cause più intime, e fino allora inesplorate, perché latenti e non facili a districare. Comunisti e rivoluzionarii ambedue, ma non per istinto, né per puro impulso o per passione, essi aveano quasi elaborata tutta una nuova critica della scienza economica, e avean compreso il nesso e il significato storico del movimento proletario di qua e di là della Manica, ossia di Francia e d'Inghilterra, già prima che fossero chiamati a dettare nel Manifesto il programma e la dottrina della Lega dei comunisti.


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In memoria del Manifesto dei comunisti
di Antonio Labriola
1895 pagine 79

   





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