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      Questa, risedendo a Londra con notevoli diramazioni sul continente, avea dietro di sé un buon tratto di vita e di sviluppo proprio, attraverso a diverse fasi. Dei due, l'Engels, autore già da qualche tempo di un saggio critico, che, passando sopra ad ogni correzione subiettiva ed unilaterale, per la prima volta ritrae obiettivamente la critica dell'economia politica dalle antitesi inerenti agli enunciati ed ai concetti dell'economia stessa, era poi venuto in fama per un libro su la condizione degli operai inglesi, che è il primo tentativo riuscito di rappresentare i moti della classe operaia come resultanti dal giuoco stesso delle forze e dei mezzi di produzione2. L'altro, Marx, avea dietro di sé, in breve corso d'anni, l'esperienza di pubblicista radicale in Germania, e quella del pari di pubblicista a Parigi e a Bruxelles, la escogitazione quasi matura dei primi rudimenti della concezione materialistica della storia, la critica teoreticamente vittoriosa dei presupposti e delle illazioni della dottrina di Proudhon, e la prima dilucidazione precisa della origine del sopravvalore dalla compra e dall'uso della forza-lavoro, cioè il primo germe delle concezioni venute più tardi a maturità di dimostrazioni, di riconnessioni e di particolari nel Capitale. Ambedue congiunti per molte e varie vie di comunicazione ai rivoluzionarii dei vani paesi di Europa, e specie di Francia, del Belgio e dell'Inghilterra, non composero il Manifesto come saggio di personale opinione, ma anzi come la dottrina di un partito, che, nel suo non largo ambito, era già nell'animo, negl'intenti e nell'azione la prima Internazionale dei lavoratori.


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In memoria del Manifesto dei comunisti
di Antonio Labriola
1895 pagine 79

   





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