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      E si argomentò poi di costruire una società in cui le presenti antitesi sparissero. Di queste antitesi scovrì, con acume di genialità, e studiò con amore una principalmente: il circolo vizioso della produzione; concorrendo in ciò, senza saperlo, col Sismondi, che nel medesimo tempo, con altro animo e per altre vie, per l'esempio delle crisi e pei denunciati inconvenienti della grande industria e della spietata concorrenza, timido dichiarava il fiasco della scienza economica, appena e da poco arrivata a compimento. Dall'alto della serena meditazione del mondo futuro degli armoniosi, Fourier guardò con sereno disprezzo la miseria dei civilizzati, e scrisse tranquillo la satira della storia. Ignari così l'uno come l'altro, perché ideologi, dell'aspra lotta che il proletariato è chiamato a sostenere, prima di metter termine all'epoca dello sfruttamento e delle antitesi, divennero, per bisogno subiettivo di conchiudere, l'uno progettista e l'altro utopista1. Ma per divinazione afferrarono alcuni lati notevoli dei principii direttivi della società senza antitesi. Il primo concepì nettamente il governo tecnico della società, senza dominio dell'uomo su l'uomo; e l'altro, cioè Fourier, indovinò, intravvide e presagì, attraverso a tante e tante stravaganze della sua lussureggiante e irrefrenata fantasia, non pochi aspetti notevoli della psicologia e della pedagogica di quella convivenza futura, nella quale, secondo l'espressione del Manifesto: il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti.


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In memoria del Manifesto dei comunisti
di Antonio Labriola
1895 pagine 79

   





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